Il complesso di S. Maria in Gradi è stato per diversi secoli un convento domenicano.
Eretto nel 1244 per volere del viterbese Raniero Capocci, notaio pontificio, è stato recuperato dopo importanti restauri condotti ad opera dall’Università della Tuscia a partire dal 1996. Il complesso si presenta ancora imponente e ricco di testimonianze storiche e artistiche. Tra queste, particolare rilievo è rappresentato da un chiostro risalente alla metà del Duecento, in cui è ancora leggibile nella sua totalità l’apparato decorativo originale: cinque pentafore ad archetti acuti per ogni lato, che insistono su colonnine binate in marmo, 160 in tutto. Ogni pilastro presenta una bella gargouille a testa leonina che, anche mancando oggi l’originaria funzione di scarico delle acque piovane, costituisce un elemento decorativo di rilievo. Al centro insiste un pozzo del 1557 (la data è incisa sulla trabeazione), appoggiato su un basamento costituito da lastre tombali di recupero dall’antica chiesa di S. Maria in Gradi.
A fronte di un chiostro rimasto quasi intatto in più di otto secoli, ce n’è un secondo, costruito nel 1306, ma rimaneggiato più volte, che oggi presenta severe forme seicentesche. Al centro, in questo caso, si erge una fontana, realizzata nel 1480; classica nel suo impianto, caratterizzata però da un originale “recinto” ottagonale sormontato da una trabeazione classicistica di spirito rinascimentale.
L’intero complesso ha il suo fulcro in ciò che resta dell’imponente chiesa di S. Maria in Gradi, fondata nella seconda metà del Duecento. Il toponimo del luogo suggerisce che la chiesa fu caratterizzata sin dall’origine da una scalinata di ingresso (“ad gradus”). Rimaneggiata alla fine del Quattrocento e poi radicalmente ricostruita alla metà del Settecento, ad opera dell’architetto romano Nicola Salvi, autore anche della Fontana di Trevi, ha subìto evidenti danneggiamenti imputabili ai bombardamenti, al crollo del tetto in seguito alle abbondanti nevicate dell’inverno del 1956 e allo stato di abbandono durante il periodo in cui l’intero complesso fu convertito in carcere (1873-1993).
La scelta di Viterbo quale sede dell’ Università non cade a caso, ma si ricollega strettamente alla storia e alle tradizioni culturali della città, e in parte alla storia del complesso di S. Maria in Gradi. Sembra infatti che già verso la metà del XIII secolo esistessero a Viterbo studi itineranti, presso i quali si insegnavano le discipline del trivio e del quadrivio.
Nell’anno 1546 fu fondato uno “Studium” per volontà di Papa Paolo III Farnese. Questo Studio, che istituiva le cattedre di logica, filosofia, giurisprudenza e medicina, ebbe come sede il Palazzo dei Priori e funzionò, sia pure con qualche breve interruzione, fino al 1581. Più tardi, ai primi dell’Ottocento, fu istituita a Viterbo una scuola medico-chirurgica a livello universitario, che comprendeva anche una cattedra di fisica e chimica. altLa clinica universitaria, che ebbe sede presso l’Ospedale Grande degli Infermi, funzionò fino al 1853, quando, a seguito della bolla “Quod divina sapientia” di Leone XIII, che riordinava gli Studi dello Stato Pontificio, venne soppressa. In tempi più recenti, nel 1969, veniva istituita la Libera Università della Tuscia, con le Facoltà di Magistero, di Economia e Commercio e Scienze Politiche, soppressa nel 1979. I ripetuti tentativi della cittadinanza di fare di Viterbo la sede di un Ateneo sono stati coronati da successo con la creazione dell’Università Statale degli Studi della Tuscia, istituita con legge n. 122 del 3 aprile 1979.
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