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Mostra dantesca "Galeotto fu 'l libro"
13 settembre - 29 ottobre 2021

"GALEOTTO FU 'L LIBRO"
Dante e la critica dantesca nel patrimonio dell'Università della Tuscia

 

Mostra bibliografica e documentaria organizzata dal Centro di Ateneo per le biblioteche (CAB) in occasione del 700° anniversario della morte di Dante Alighieri
 

13 settembre - 29 ottobre 2021

Lunedì - venerdì 9.00 - 17.00

 


 

Link registrazione inaugurazione

 

In sala parto, non in camera mortuaria: una mostra dantesca a Unitus

di Filippo Grazzini

 

Con una mostra di materiali bibliografici e documentari a tema dantesco, selezioni dal posseduto della Biblioteca dell’Università della Tuscia, l’Ateneo viterbese dà un contributo alle manifestazioni nell’anniversario sette volte centenario della morte del sommo poeta, allineandosi ai migliori centri accademici e alle istituzioni culturali che in questi mesi, in Italia e all’estero, hanno promosso iniziative per diffondere e rinsaldare la consapevolezza del ruolo avuto dall’Alighieri nella definizione dell’identità culturale italiana. L’esposizione Galeotto fu ’l libro. Dante e la critica dantesca nel patrimonio librario dell’Università della Tuscia, aperta nel corridoio delle monofore a S. Maria in Gradi dal 13 settembre al 15 ottobre (lunedi-venerdi, ore 9-17), è stata ideata e realizzata dal Centro di Ateneo per le Biblioteche, sostenuto da un comitato scientifico interdipartimentale (rappresentanti anche del Disucom) e con un impegno personale del direttore tecnico-scientifico del CAB prof. Paolo Marini e della direttrice del Polo bibliotecario umanistico-sociale dott.ssa Maria Giovanna Pontesilli. Doppio l’intento. Da un lato illustrare la continuità lungo i secoli della proposta dantesca ai lettori, in una tipologia editoriale molto varia, finalizzata ad illuminare la straordinaria poliedricità dell’Alighieri. Dall’altro guidare virtualmente i visitatori, seguendo il filo rosso della presenza di Dante, attraverso gli spazi di una Biblioteca che, nella molteplicità delle sue sedi e nella pluralità delle sue risorse, con gli anni sta crescendo e costituisce un patrimonio bibliografico ormai considerevole. Posseduto è un buon termine del lessico dell’amministrazione e della biblioteconomia. Ma a un tempo Dante possiede noi, specialmente in questo anno 2021 segnato da una incalzante successione di manifestazioni commemorative e rivisitazioni interpretative: un demone pare eccitare e quasi ossessionare gli esperti, i promotori culturali, gli addetti alla comunicazione. Quando si sappiano evitare celebrazioni inconsistenti e retoriche o attualizzazioni acrobatiche, questo invasamento è certo un bene: chi scrisse la Divina commedia (e tutto il resto, in volgare e in latino, in poesia e in prosa) abita quotidianamente, perfino senza una nostra consapevolezza piena, la nostra lingua, orienta il nostro immaginario e i nostri criteri valutativi della realtà (soprattutto etica), guida le nostre abitudini, ci ricorda chi siamo, dove siamo, quale storia abbiamo. Un dèmone, dunque, non un demonio.
 

I 96 pezzi (alcuni sono in più parti) della mostra, collocati in otto teche corredate da didascalie per un pronto orientamento di chi viene in visita, documentano con efficacia la capacità dell’Alighieri d’imporsi alla cultura italiana di ogni epoca, grazie a una creatività quasi illimitata. Teorico e autobiografo dell’amore, elogiatore dell’amicizia (ma anche irriducibile nelle sue avversioni), pensatore dell’avventura della conoscenza, coscienza etico-politica sensibilissima, descrittore emozionante di viaggi terreni e ultraterreni, cristiano assoluto tra l’umano e il divino, Dante ha richiesto e richiede apparati editoriali adeguati alla sua complessità straordinaria. Li esemplificano le diverse teche di Galeotto fu ’l libro. Così la prima, concepita per dare la dovuta importanza agli strumenti di consultazione e di inquadramento storico generale, espone tra l’altro classici della storiografia contemporanea all’Alighieri (in edizioni otto-novecentesche), la cinquecentesca Origine e fatti delle famiglie illustri d’Italia del Sansovino (ristampata nel 1670), il famoso Codice diplomatico dantesco approntato dal Piattoli nel 1950, cataloghi e repertori bibliografici, vite di Dante, dizionari ed enciclopedie. La seconda è finalizzata alle opere minori, non solo in volgare, presentate nelle migliori edizioni degli ultimi settantacinque anni; la terza verte sul capolavoro: oltre a edizioni di manoscritti singoli, anastatiche di incunaboli e cinquecentine e a quasi tutte le edizioni commentate più rilevanti del Novecento e del presente, qui si osserva  l’Aldina del 1515 (essa stessa in anastatica), celebre anche  perché “col sito, et forma dell’Inferno tratta dalla stessa descrittione del poeta”, segno di  un bisogno di proiettare in cartografia le dimensioni geografiche immaginarie del poeta avvertito anche in tempi molto successivi. La quinta verte sui commenti danteschi succedutesi nei secoli, risorsa irrinunciabile per una retta comprensione dello spesso difficile dettato della Commedia (la Tuscia possiede anastatiche di stampe ottocentesche così come edizioni molto recenti, in parte anche raccolte in CD Rom). La sesta fa conoscere opere di erudizione linguistico-letteraria del Cinque e Seicento su vari temi e autori: l’egemonia petrarchesca del tempo produce anche ostilità verso l’Alighieri (sorprenderanno le impertinenze di un Dolce, un Ruscelli, un Franco). La settima, su impostazione affine, ripercorre alcuni grandi momenti della storiografia e della critica letterarie moderne sul tema dantesco, dal primo Settecento a Tiraboschi a Foscolo, poi alle grandi opere di Maestri del Novecento, Croce, Barbi, Auerbach, Contini, determinanti per la nostra visione dell’Alighieri, e celebra alcune delle Lecturae Dantis più recenti. L’ottava offre un Dante per immagini raccogliendo alcuni volumi specialistici, usciti specialmente in anni a noi vicini, su commenti illustrati del poema (splendido quello di Botticelli) e sulle diverse chiavi con cui le arti figurative, così del sec. XIV come del XX, hanno rappresentato il sacrato poema. Svetta sulle altre la Teca quarta, dove si offrono eccezionalmente ai visitatori, nel centenario della nascita (scomparve prematuramente nel 1989), alcuni campioni del lungo lavoro di Giorgio Petrocchi, il filologo romano che nel 1966-67 pubblicò con la Società Dantesca Italiana il testo della Commedia “secondo l’antica vulgata” (testo anteriore all’intervento contaminatorio compiuto da Boccaccio a partire dal 1355), edizione ancora oggi di riferimento primario. Amichevolmente messi a disposizione da Francesca Petrocchi, figlia dello studioso e da alcuni lustri professoressa di Letterature comparate alla Tuscia, i materiali ci conducono per qualche momento nel laboratorio del grande studioso: vi troviamo quaderni di lavoro manoscritti, varianti riportate a penna con inchiostri di colore diverso, tratti a matita, elenchi di codici, abbozzo di stemma codicum annotato, pagine dell’introduzione generale, estratti della corrispondenza con altri studiosi.
 

Viterbo e la Tuscia (dal capoluogo a Bolsena, alla Bagnoregio di S. Bonaventura, a Tarquinia), oggetto sicuro di attraversamento da parte del Dante storico, sono incluse nella geografia testuale, mentale e morale del capolavoro: nella quinta Teca dell’esposizione l’edizione curata dal Guido Biagi, per la torinese UTET nel 1924, rende agevolmente fruibile il passo ben conosciuto del “bulicame” di Inf XIV (vv. 79-80). Studiosi come Enrico Malato e Roberto Mercuri, curatori entrambi della Commedia in anni recentissimi (2018 e 2021, volumi puntualmente accolti nelle teche), specialisti di vecchia data e di autorevolezza largamente riconosciuta, hanno insegnato nel nostro Ateneo per tratto non breve del loro percorso professionale; Paolo Procaccioli, conoscitore ed editore eccellente in specie dei commenti tre-quattro-cinquecenteschi al Poema (ne dà conto la Teca quinta), vi continua a prestare la sua opera valorosa. Tra didattica e ricerca, l’Alighieri trova dunque accoglienza familiare da noi. Tuttavia Galeotto fu ’l libro ci fa consapevoli anche della funzione e soprattutto della morfologia di una biblioteca come quella universitaria viterbese, segnatamente del suo polo umanistico-sociale. Patrimonio di conoscenze, che si vorrebbero accumulate non per diventare materiale da deposito o – peggio – da soffitta ma per costituire una banca dati continuamente interrogata e rivitalizzata, una biblioteca che attraversi il tempo documentando le stagioni dell’editoria ha essa stessa una storia e una forma. Come un albero si ramifica, accorpa parti successive alle originarie, mette nuove gemme e nuovi frutti. La biblioteca di Unitus consiste non solo della sua Collezione principale: se fosse così sarebbe forse più comodo, ma storicamente meno vero. Comprende anche raccolte più contenute, una serie di Fondi, venute producendosi nel tempo a seguito di dinamiche intellettuali e circostanze dell’esistenza di chi in origine le possedette. I Fondi hanno in prevalenza un carattere specialistico, ma incroci tematici suggestivi si possono produrre. È notevole che nelle teche della mostra dantesca siano stati ordinati materiali provenienti non dalla sola Collezione principale di S. Maria in Gradi o dallo stock di Riello, o ancora dalla sezione Periodici, ma da cinque diversi fondi speciali: Giocchino Scognamiglio, Amelia Rosselli, Gabriella Maetzke, Cesare Brandi, Giorgio Raimondo Cardona.
 

La mostra finisce con la locandina dell’affollato colloquio di studi Dante per tutti. Luoghi tempi, culture, tenuto in Ateneo il 6-7 maggio scorso, del quale si confida di poter pubblicare gli Atti. La locandina vale non solo da attestazione ulteriore dell’attenzione prestata da Unitus all’Alighieri, ma anche da proiezione, pur contenuta, nel futuro: da secoli a Dante non mancano lettori, potranno non mancarne anche un domani. Appare un po’ inappropriato che in quest’anno centenario si parli e si scriva da più parti (non nella Tuscia) di celebrazioni per i settecento anni della morte del sommo poeta: una morte non si celebra, si commemora un defunto. È storicamente congruente che la mostra viterbese s’inauguri il 13 settembre, giorno in cui Dante nel 1321 morì. Tuttavia – come i tanti libri esposti ci provano – la fine dell’esperienza biologica del grande scrittore non impedì che cominciasse un’altra storia, quella della sua lettura secolare: così che l’anniversario di Dante equivale per noi non a una visita di una camera mortuaria, ma a una presenza in sala parto.